Anaparnastasi/Ricostruzione (1970)
La tragedia della periferia europea vista oggi è la stessa di quella rivista ieri e l'altro ieri.
Laa Germania che vuole regnare ad imperium con una guerra atomica senza armi (il fiscal compact) che "preferirà distruggere l'Europa per la terza volta in 100 anni", fa risuonare a gran voce il verso di Bertold Brecht:
Nessuno o tutti – o tutto o niente
Non si può salvarsi da sé
O i fucili - o le catene
Nessuno o tutti – o tutto o niente
E mi fa pensare a Theo Angelopoulos, che ha fatto film per dare una risposta, politica, a tutte le forme di Potere egemonico partendo dalle "ossa degli Elleni" (Solomos).
Nato sotto la tirannia di un Mussolini balcanico (Metaxas), poeta
mancato, ateniese e figlio di un mercante al dettaglio, Theo Angelopoulos ha voluto fare cinema
dopo aver studiato l’antropologia di e con Levy-Strauss ed aver
assaporato la controcultura della Nouvelle Vogue.
Il limite, si fa per dire, è che Angelopoulos non si è messo a fare cinema per tutti perchè parlerà di un’altra Grecia, “quella interiore” come diceva lui stesso; e si nota già dalle inquadrature iniziali del suo primo lungometraggio.
E’
inverno e piove.
“La giornata ideale per l’inizio di una storia”, diceva.
Un pulmino della guerra arranca su una strada sterrata e una voce
off ci fa capire che il racconto di Agelopoulos parte da molto lontano (le
rovine pelagiche).
Quel
luogo semi-disabitato di case in pietra, Tymphaia, non è la barbagia delle
femmine con la coda di Padre padrone (1977) dei fratelli Taviani, ma l’Epiro
dell’oracolo di Dodona, una terra di confine segnata dalla storia ma anche la
terra di Alessandro Magno e di Pirro, della guerra d’indipendenza contro la
dominazione ottomana, come non citare il Leone di Ioannina (1819), e dei partigiani
delle montagne della guerra civile (1944-1949).
L’
atmosfera elegiaca dell’Epiro è la stessa di quella descritta da Giorgios Seferis molti anni prima,
poeta neo-greco finito nelle patrie galere, dopo il gran rifiuto, sotto la
Giunta:
Ho
trattenuto la mia vita
peregrinando
in mezzo ad alberi gialli
nell’inclinarsi
della pioggia
in
silenziosi pendii carichi di foglie di faggio
nessun
fuoco
sulla
loro vetta: si fa sera EPIFANIA 37
Il
film è a basso costo e gli attori del primo lungometraggio sono “presi dalla
vita” e dagli abitanti del paese (donne, vecchi e bambini).
La
storia è un pretesto per parlare d’altro perché i fatti sono noti da subito:
una donna insieme all’amante ha ucciso il marito emigrato in Germania per
lavoro.
Non
è un film noir (ci scusino J. Beker e H.G. Clouzot) perché il film non rispetta la
sequenza temporale dei film polar (delitto → ricostruzione → arresto
dell’assassino), anzi, qui la sequenza è rovesciata e spezzettata.
Non
è un semplice documentario sullo spopolamento delle montagne, ma un atto di
accusa per chi ha svenduto la Grecia nelle sue origini, quindi un film sul
“disfacimento greco” come dice Angelopoulos, prima di tutto culturale e poi
politico.
La
vicenda, benché sia la stessa di Ossessione (1943), di per sé è priva di suspense edificante e la “prima lettura” del ritorno
alla realtà contro la produzione cinematografica commerciale (una volta erano
quelli dei telefoni bianchi) è stato forse solo l’escamotage per superare la
censura della Giunta (folclore, tradizioni e antichi valori cristiani).
L’anno
è il 1970, il colonnello Papadopoulos ha poteri dittatoriali dal 1967, il re
Costantino è scappato e Angelopoulos vuole risvegliare il suo popolo partendo
dalle origini, dal mito, che secondo Levy-Strauss rappresenta la forma in cui
la società “interiorizza il divenire storico (la memoria) per farne il motore della
sua evoluzione”. La Ricostruzione per l’appunto, ovvero “l’unione organica tra
la tragedia e la comunità da cui era emersa e per cui era rappresentata”, l’Orestea di Eschilo, che parte da un
delitto di sangue e arriva all’assemblea delle Eumenidi, il primo tribunale
giudiziario democratico all’Acropoli di Atene.
“Cittadini
di Atene, ascoltate ciò che ho deciso,
voi
che per primi al mondo giudicate un delitto.
D’ora
in poi, per sempre, questo popolo
Avrà
diritto a questa sua assemblea.
…Né
l’anarchia né la dittatura
Vi
siano mai di fronte, cittadini.
…Questa
assemblea che oggi istituisco
Resterà
incorrotta, venerata, pura
A
vegliare sopra la luce del paese.” ATENA
dalle EUMENIDI
Il
preambolo, con il piano-sequenza degli interni, è già teatro. Qualche primo
piano e un magnifico piano-sequenza a mano libera e nessun campo/controcampo,
motivo per cui Angelopoulos si era licenziato dalla scuola di cinematografia e
aveva preferito gli insegnamenti di Henri Langlois della Cinemathéque Francaise.
E’
anche un fatto autobiografico, ripreso poi anche in Taxidi sta Kythira/Viaggio a Citera (1984): il
padre era stato arrestato durante la guerra civile (1944) -Theo aveva 9 anni-
ed era stato dato per morto per poi rientrare a casa molto tempo dopo.
Kostas/Agamennone
torna al paese dopo molti anni, incontra un figlio che non lo riconosce e si
mette a tavola con Eleni/Clitemnestra e gli altri figli.
“Il
tuo ritorno al focolare è per noi,
in
pieno inverno, un ritorno al tepore.” CLITEMNESTRA da
AGAMENNONE
Incrocio
di sguardi, scena muta, fermo immagine e titoli di testa.
“Perché
questo terrore
che
si erige davanti
al
mio cuore rapito
e
intorno gli vola cieco?”
Perché
senza invito,
senza
che nessuno lo paghi
il
mio canto è profetico?
Perché
mi è impossibile
Liberarmi,
come da visioni magiche,
e
sentire la sicurezza vitale
al
centro del mio cuore”
CORO da AGAMENNONE
La
Ricostruzione
della Polizia con un commissario indagatore dell’anima, quella sociologica dei giornalisti,
così come quella della scena madre, sono proposte e riproposte insieme a flashback
decontestualizzati.
La
cronologia del film non è sequenziale e il “démontage” riporta facilmente alla
decostruzione derridiana, alla “seconda lettura” secondo Althusser, alla
“estensione del senso mediante la ricreazione di altro”, allo straniamento brechtiano attraverso “il rovesciare e lo spostare un
ordine concettuale col quale esso si articola”, e al piano-sequenza che, solo con
Angelopoulos, fa ricordare tanto la profondità di campo del teatro, la terza
dimensione. Ma
questo è solo uno dei tanti leitmotiv del cinema di Angelopoulos.
Tante
le scene epiche del film che non si possono dimenticare:
Quella
di Eleni/Clitemnestra quando propone all’amante, Hristos/Egisto di fare a pezzi
il corpo di Kostas/Agamennone dopo averlo soffocato con un cappio e infine lo seppellisce
fuori casa occultando il sito con dei bulbi di cipolla e facendo risaltare il
sangue nero della terra.
“Quando
su chi si odia, fingendo di amarlo,
ci
si prepara a dar sfogo all’odio,
non
si alzano nuovi ostacoli,
a
rendere più difficile il successo”
CLITEMNESTRA da
Agamennone
Quella
degli amanti che si costruiscono l’alibi attraversando il lago Pamvòtida per
raggiungere Ioannina con una barca a remi.
La
richiesta di aiuto Eleni/Clitemnestra al fratello, “aiutami, sono perduta” e l’aggressione
animalesca contro il commissario che fa risuonare le grida di Clitemnestra
contro il desiderio di vendetta del figlio Oreste.
“Fermati,
figlio, abbi pietà, bambino,
di
questo seno, a cui tante volte, aggrappato,
nel
sonno, hai succhiato il latte della vita.
…Ma
tu vuoi davvero uccidere tua madre, figlio?
Attento!
Abbi paura dei miei urli di cagna!” CLITEMNESTRA
da Le coefore
Quella
del bimbo con il braccino esteso -già condannato all’orfanotrofio come Oreste- quando
indica ai fotoreporter il buco della legnaia dove la madre aveva nascosto il
padre.
“Padre,
pietà di me, e di tuo figlio Oreste!
Fa’
che torniamo padroni della nostra casa!
Ora
non siamo che due diseredati senza speranza” ELETTRA
da Le coefore
L’aggressione
di Eleni da parte delle donne del villaggio, “identificate totalmente nella
loro parte” come dice Angelopoulos, che assalgono la camionetta della polizia e
che ricorda tanto la personalizzazione delle Erinni.
E
infine la Ricostruzione secondo Angelopoulos, che ha anche un piccolo cammeo
nel film nel ruolo di un giornalista.
“Questo
film, per me, è un’elegia per un territorio in decadimento, abbandonata dai
suoi abitanti, della cui sorte è minacciato l’intero paese. Tutto partì nel
1962 quando la Germania dell’Ovest permise ai greci di vivere e lavorare in
Germania. I colonnelli preferirono, in quei giorni, sapere i loro oppositori fuori
dal Paese. Tutti i miei amici, per esempio, vivevano all’estero a meno che non
fossero già in prigione. E’ per loro che ho fatto Ricostruzione, per tutti
quelli avevano già lasciato il paese e per quelli che erano in procinto di
farlo”.